Negli ultimi mesi sono comparsi nella letteratura internazionale numerosi articoli scientifici sulla sindrome di Prader-Willi (PWS) dai risultati molto interessanti e stimolanti. Ciò è particolarmente vero per alcuni di essi, che hanno trattato vari aspetti relativi alle terapie attuali e future.

Per quanto riguarda gli studi che hanno approfondito la questione della sicurezza del trattamento con ormone di crescita (GH), è stato appena pubblicato un lavoro che ha confermato l’assenza di effetti negativi del GH sulle apnee centrali in bambini molto piccoli, pur essendo necessario mantenere sempre uno stretto controllo polisonnografico nel tempo (Khaya et al., Longitudinal evaluation of sleep disordered breathing in infants with Prader-Willi syndrome. Arch Dis Child 2017;0:1–5).

Nell’ottobre 2016 Knani e collaboratori hanno dimostrato una disregolazione del sistema degli endocannabinoidi sia in pazienti PWS che in un ceppo di topi con alcune caratteristiche della PWS, ciò che potrebbe contribuire allo sviluppo dell’iperfagia. Infatti la somministrazione in questi topi di un farmaco antagonista dei recettori di tale sistema, specifico per i tessuti periferici e per quanto ad oggi noto sprovvisto di azioni a livello del sistema nervoso centrale, si è dimostrato efficace nel ridurre l’iperfagia e l’eccesso ponderale. Ciò va a confermare studi precedenti che avevano utilizzato un antagonista degli endocannabinoidi che agiva non solo a livello periferico ma anche centrale, e cioè il rimonabant, successivamente ritirato dal commercio per gravi effetti collaterali (Knani et al., Targeting the endocannabinoid/CB1 receptor system for treating obesity in Prader-Willi syndrome. Mol Metab 2016;5:1187-1199).

Nel gennaio 2017 è uscito un articolo scientifico che ha suggerito che la carenza di pro-ormone convertasi (PC1) possa essere alla base dell’iperfagia e di molte delle disfunzioni ormonali dei soggetti PWS, indicando un possibile target per futuri farmaci ad hoc. La PC1 è un enzima implicato nel processamento della pro-opiomelanocortina e di diversi pro-ormoni, compresa l’insulina, di cui sono conosciuti rarissimi casi di obesità umana (senza alcuna correlazione con la PWS), in cui si hanno mutazioni nel gene che codifica per il PC1, localizzato sul cromosoma 5. In questo caso i risultati sono stati estrapolati da un ceppo di topi con alcune caratteristiche della PWS, diverso dal precedente, e da cellule staminali derivate dai neuroni di pazienti con la sindrome (Burnett et al., Deficiency in prohormone convertase PC1 impairs prohormone processing in Prader-Willi syndrome. J Clin Invest. 2017;127(1):293–305).

Ancora più recentemente è stato dimostrato che la somministrazione di oleoylethanolamide è in grado di ridurre l’introito di cibo nel topo PWS, suggerendo che nella PWS umana vi possa essere una disfunzione nell’attività di segnale di questo agonista dell’endogenous peroxisome proliferator-activated receptor alpha (PPAR-α), responsabile dell’iperfagia (Igarashi et al., Dysfunctional oleoylethanolamide signaling in a mouse model of Prader-Willi syndrome. Pharmacol Res 2017;117:75–81).

Se possibile di ancora maggiore interesse è un articolo fresco di stampa che ha dimostrato l’efficacia della terapia genica in un tipo particolare di topo PWS, nel quale è stato reimpiantato nell’ipotalamo il gene Snord116, ottenendo un aumento del dispendio energetico a riposo e conseguentemente un calo di peso (Qi et al., Hypothalamus specific re-introduction of Snord116 into otherwise Snord116 deficient mice increased energy expenditure. J Neuroendocrinol. 2017 Jan 17).

Nell’insieme tutti questi nuovi dati confermano il ruolo e l’importanza della ricerca, anche se i risultati ottenuti richiedono ancora numerose conferme, attraverso test pre-clinici e di sperimentazione clinica, che nell’insieme fa sì che si avranno eventuali ricadute terapeutiche reali, nel caso venissero confermati, a distanza di un certo tempo e non sicuramente nell’immediato.

Graziano Grugni
Coordinatore del Comitato Scientifico